“Ci
vosi 'a tilevisioni pri fari moviri 'u Cumuni!”.
In
una semplice frase si può riassumere il concetto di distanza
tra il cittadino e l'istituzione. Una frase che sintetizza una
distanza tra due attori della città che quasi mai hanno
trovato un punto di contatto. Ma andiamo con ordine.
Siamo
a San Cristoforo, uno dei quartieri borderline del centro
storico, uno di quelli in cui si sente pesante la marginalità,
l'illegalità, la malavita... a pochissimi metri dai lustrini
della via Etnea, dal Porto e dalle navi da crociera, da via Crociferi
e dal turismo culturale.
Scarpe appese in piazza San Cristoforo, segnale nel gergo malavitoso che indica la presenza di spacciatori in zona. |
Siamo
nella seconda settimana di novembre, nel 2012, e un programma
televisivo – per una serie di circostanze favorevoli – decide di
usare la piazza principale del quartiere quale set per le riprese.
Il
programma usualmente si occupa di atti di riqualificazione del verde
condominiale in spazi perlopiù recenti, ma quasi sempre
periferici nei dintorni di Roma. Coraggiosamente, diremmo, in questa
occasione il team ha rotto tutti gli schemi: esce da Roma, esce dal
condominio, cerca un sito nel centro storico. Notiamo da subito un
clima strano che coinvolge la troupe: solitamente sono i condomini a
chiamare la tv in questo programma, mentre i condomini sono i
principali attori dello show, dandosi da fare potando, piantando,
abbeverando le piante omaggiate. Qui la situazione è un po'
più complicata e si fatica a trovare volontari che facciano le
comparse televisive tra i residenti della zona, con grande sfiducia
del comitato di produzione. Qualche miglioramento si è avuto
il terzo giorno, complice uno sciopero dei docenti delle scuole
primarie, quando si è visto comparire un buon numero di
bambini a riempire la scena (con le dovute autorizzazioni).
La troupe il primo giorno di riprese. |
Ma la
risposta più impensabile si è vista da parte delle
istituzioni (talora anche attribuendo meriti inesistenti, vedi la nota sul blog di CT-Zen impattozero). Improvvisamente automobili e spazzatura sono scomparsi
dalla piazza, mentre i cassonetti trovavano una allocazione meno
invadente per la piazza e paletti dissuasori impedivano alle
automobili l'invasione della piazza. Una panchina divelta da anonimi
vandali ha ritrovato la sua funzione e...
E
adesso verrà il bello. Riuscirà la piazza a mantenere i
presupposti, almeno fino alla messa in onda dello show a primavera
2013?
La
pulizia straordinaria, sappiamo, non manca a Catania. Ciò che
manca a conti fatti è quella ordinaria. Il programma affida
sempre, concluse le riprese, ai condomini l'onere della cura del
proprio bene, ma qui si parla di una piazza e, in questo caso, come
si convincerà il cittadino disilluso e distante a proteggere e
curare un bene che è suo?
Il
cittadino, viene anche da chiedersi, ha la consapevolezza che il
quartiere è suo? Conosce ciò che ha, il sito dove vive?
San
Cristoforo, uno dei quartieri più trascurati di Catania, ha
una lontana origine che varrebbe la pena conoscere, quantomeno per
rendersi conto del valore storico che esso detiene. Chissà
che, conoscendone la storia, non riesca il suo abitante ad
apprezzarlo di più.
San Cristoforo, pregevole tela nella collezione del Museo Civico. |
Situato
a sud di via Garibaldi, il quartiere deve il nome al santo che
secondo la tradizione traghettò Gesù Bambino, sentendo
sulle sue spalle il peso di tutto il mondo.
Ma
prima del Cristianesimo l'area in cui ora sorge il quartiere sentiva
se non il peso del mondo certamente quello dei primi coloni greci che
dove oggi sorge il Castello Ursino iniziarono a edificare la polis
di Katane. In epoca romana la zona, estremamente fertile (secondo
Strabone al punto che le vacche che qui pascevano, per non esplodere
venivano periodicamente dissanguate, tanto erano gonfie; tralasciando
l'assurdità della notizia si evince comunque una notevole
fertilità e, forse, una certa antichità dei prodotti
culinari a base di sangue nella gastronomia catanese, di cui il
sangeli è l'ultimo vero rappresentante), ricca di
sorgenti e bagnata dal capriccioso fiume Amenano, diventò una
delle più prestigiose con la realizzazione di grandi edifici
di carattere pubblico. La tradizione storiografica ci tramanda – a
partire dalle descrizioni cinquecentesche del Bolano – la presenza
di una Naumachia e di un Circo, detto in seguito “Massimo”, che
proprio presso la piazza San Cristoforo pare si unissero, a cui la
tradizione cartografica aggiunge la localizzazione poco oltre del
presunto Ginnasio fatto edificare dal console Marcello. Non ci
dilungheremo oltre sulla natura di detti edifici (non tanto sulla
loro reale esistenza, quanto sulla loro corretta interpretazione in
antico), ma basti sapere che dove esistevano edifici monumentali con
carattere pubblico, sovente sorgevano i ricchi quartieri dei patrizi.
La
caduta dell'Impero d'Occidente, l'invasione dei Vandali e dei Goti,
lo spopolamento delle città in epoca tardo-antica e la
decadenza dei giochi pubblici causarono un progressivo abbandono
dell'area. Non disponiamo di dati sufficienti per capirne modalità
e tempi, ma appare chiaro da una immagine di Tiburzio Spannocchi che
la città dovette rifugiarsi nelle sue zone più alte
cingendosi di robuste mura, abbandonando i quartieri che si aprivano
in pianura.
Veduta di Catania (Spannocchi 1578). Particolare delle campagne a sud, dette Muro Rotto. In primo piano il Circo. |
Una
certa vitalità torna ad esistere nel corso del XIII secolo,
quando i Mori ebrei dal piano della Cipriana a nord-ovest amplieranno
la loro Giudecca, giungendo quasi alla Platea Magna. Questo
sviluppo si potrebbe mettere in relazione con la realizzazione del
Castello Ursino a partire dal 1239 per volere dell'imperatore
Federico II che chiamò per la realizzazione del maniero
maestranze greche ed ebree, il quale appariva fino alla metà
del XV secolo circondato da basse casupole e piccoli conventi.
Qui
il fiume Amenano ancora scorreva a vista, forse deviato da un sistema
idrico affinché la città non avesse da mancare in
risorse idriche. Il tratto che qui scorreva prese il nome di
Judicello, ossia il fiume dei Giudei che lo usavano per il bagno
rituale delle donne e probabilmente anche per alimentare le diverse
attività – tra cui le concerie – che bisognavano di acqua
corrente.
Ma
l'area dove sorge il quartiere di San Cristoforo era praticamente
inabitata: vi insistevano le rovine degli edifici romani, che gli
davano il nome di Muro Rotto, qualche corposa masseria e il
monastero certosino che sfruttava i ruderi del presunto Circo come
area coltivata a giardino (forse un agrumeto).
L'area del Muro Rotto in una stampa del primo ventennio del Seicento (Biblioteche Vaticane). |
Per
assurdo fu un evento distruttivo a permettere la nascita del
quartiere.
Siamo
nel 1669, la celebre eruzione etnea che originò i Monti Rossi
produsse una lingua di lava che giunse, ingoiando diversi casali nel
suo itinerario, alle mura di Catania le quali resistendo il primo
giorno, cedettero alla pressione e al calore dei colaticci
conseguenti. La lava coprì tutta l'area, entrò dalle
porte occidentali e dalla Porta del Sale giunse a colmare il fossato
del Castello Ursino, precipitando quindi al di là delle mura
urbiche che lo circondavano e raggiungendo il mare, creando una nuova
costa: le sciare Biscari.
Sulle
lave ancora calde si eresse un muraglione, il Fortino Vecchio che
darà modo al sorgere di un altro quartiere poco curato della
città, il quale farà da ingresso e protezione alla
città sul versante colpito dalle lave, ma costituirà
anche il limite occidentale del nostro quartiere in esame.
Nel
gennaio del 1693 due forti terremoti colpiscono Catania, riducendone
la popolazione ad un terzo. La scelta del senato civico fu quella di
ricostruire in situ la città. Gli operai chiamati da ogni
parte della Sicilia ebbero in concessione le sciare secentesche dove
poter realizzare le proprie residenze.
Nascono
così i quartieri del Tindaro, Fortino, San Cristoforo,
Consolazione, Angeli Custodi, caratterizzati da casupole basse e
modeste e impiantate su una maglia viaria che nel XIX secolo si fa
regolare, per prevenire i casi di colera già scoppiati nei
quartieri di Idria, Civita e Transito. Quest'ultimo oggi è un
tutt'uno con il quartiere in esame, un tempo sede degli uffici delle
imposte civiche (la Porta della Decima e la via Gisira ricordano due
tipi di dazio), venne sanato negli anni 1870, con l'ampliamento della
piazza di San Giuseppe (oggi piazza Maravigna), demolendo la
medioevale Porta della Decima, estremità orientale del
quartiere San Cristoforo.
San
Cristoforo nasce intorno alla chiesa omonima, eretta l'indomani
dell'eruzione secentesca e ricostruita dopo il sisma seguente. Il
tempio attuale tuttavia conobbe anche il sisma del 1818 e venne
pertanto rifatta in forme neoclassiche.
L'area
divenne il punto di passaggio per le principali attività
catanesi del Settecento: oltre la manodopera edile, anche le
mercanzie dirette ai mercati del centro (piano San Filippo
odierna piazza Mazzini o la fiera del Lunedì in piazza
Università) nonché nobili e teste coronate procedevano
dalla Porta di Ligne alla città passando per questo quartiere.
Forse questo è il motivo che spinge il senato a stabilirvi
nella seconda metà del secolo il Consolato della Seta.
Catania
fu a cavallo tra i secoli XVIII e XIX l'unica città
d'Occidente a produrre questo prezioso materiale (testimoni indiretti
sono i numerosi gelsi bianchi che ancora resistono all'espansione
urbana, i cui primi esemplari vennero piantati appositamente per la
coltivazione dei bachi da seta) e, nel contempo, a lavorarlo
producendo deliziosi ombrellini parasole destinati al mercato
europeo. Insieme al Consolato quindi sorsero le nobili residenze
degli Ambasciatori della Seta, alcuni dei quali, come i Sammartino,
ebbero anche titoli nobiliari di prestigio (dei Sammartino, principi
del Pardo, abbiamo già parlato in precedenza). Anche il
principe di Biscari, Ignazio Paternò Castello, ebbe interessi
da queste parti, realizzando la celebre Villa Scabrosa, un
ambiente in cui ponti naturali e artificiali creavano meraviglia e
stupore nel visitatore. Via Consolato della Seta e via del Principe,
orientativamente, costituiscono ancora adesso i confini nord e sud
del quartiere. Viene istituito anche il grande mattatoio pubblico in
forme riecheggianti il Neoclassico.
Facciata dell'ex carcere borbonico (Carceri Vecchiu) su via Giuseppe Garibaldi. Oggi è sede di esposizioni temporanee. |
Nel
1734 la Sicilia è regno dei Borbone. Sotto Ferdinando viene
istituito il quartiere militare che insiste – ancora oggi con la
sua imponente mole – su San Cristoforo. Questa sarà anche la
sede del carcere, a seguito della realizzazione delle strutture di
piazza Lupo detto “vecchio”. All'indomani dell'Unità
d'Italia la sede dismessa verrà convertita in edificio per la
Manifattura Tabacchi, portando lavoro per molti abitanti del
quartiere che a seguito delle vicende politiche della metà del
secolo si trovarono senza attività. Alle spalle della
Manifattura si delineò la piazza San Cristoforo, cuore
nevralgico dei residenti della zona, attraversata dalla vecchia via
del Gallazzo, oggi del Plebiscito, sorta sulle lave del 1669.
Quando
chiuse la Manifattura gli operai che vi lavoravano rimasero
disoccupati e un senso di malcontento rimase indelebile nei
cittadini. Era il primo profondo segnale di distacco tra
l'amministrazione centrale e i residenti.
Il
quartiere conosce un lungo periodo di abbandono e degrado nel corso
del XX secolo, al punto che diventa terreno di facile attecchimento
di piccoli nuclei malavitosi. Il tasso delinquenziale è
particolarmente elevato negli anni '70 e la situazione non migliora
con l'arrivo dei primi immigrati nei decenni successivi: vecchie e
fatiscenti casupole del quartiere diventano bugigattoli dove trovano
rifugio tantissimi immigrati, quando non sono scelti quali depositi
di armi e droga.
I
residenti denunciano le condizioni di scarsa sicurezza del proprio
quartiere periodicamente, continuando ancora oggi facendo delle
associazioni locali i propri portavoce (come ad esempio il G.A.P.A.).
Da
alcuni anni tuttavia sta emergendo un forte senso di attaccamento al
quartiere, una voglia di riscatto e di nuova vita che trova proprio
in piazza San Cristoforo il suo principale fulcro. È del 2011
la notizia di un atto di guerriglia gardening ad opera de i
giardinieri do' Liotru (vedi il blog), che operano una sistemazione improvvisa e
divertita della piazza. La sistemazione dura poco, la piazza è
di nuovo invasa da spazzatura e da automobili, tuttavia il messaggio
è lanciato.
Piazza San Cristoforo (17-11-2012). Un verde che ci piace. E ci piacerebbe durasse. |
Siamo
quindi al 2012, nella seconda settimana di novembre, quando una
troupe invitata da amici di amici inizia a fare le cose in grande (tra gli altri vedi Piazza San Cristoforo, restyling grazie a La7 - «Ma dumani cu ci va abbivirari sti pianti?» a firma Salvo Catalano).
Rapido
il tam-tam, ma il pensiero rimane quello: serve davvero una
trasmissione televisiva per vedere l'interessarsi da parte delle
istituzioni nei confronti dei quartieri disagiati?
La
nostra domanda incontra un dolcissimo volto, una bambina che non avrà
più di due anni, che sorride tenendo in mano una paletta e nel
suo farfugliare sembra voglia dire che vuole iniziare subito a
sistemare le piantine.
E noi
con lei, non vediamo l'ora di sistemare la piazza e vederla diventare
il cuore “sano” di San Cristoforo.
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